Paflasmòs

lunedì 19 giugno 2017

Clicca e ascolta "STORIA O NON STORIA" Condividi "Bastiàn Contrario"

19/06/17
16a Puntata: 
Radio Pirata - la Radio nella Radio
presenta:
Bastian Contrario_Storia o non Storia
Radio Pirata - la Radio nella Radio in onda su www.yastaradio.com
al Lunedì ore 19.00
in replica al Giovedì e al Sabato alle 11.00

Bastiàn Contrario:
"STORIA O NON STORIA"

per l'ascolto clicca QUI

clicca su "Continua a leggere...»" per il testo



Come sapete, noi della Ciurma, per questioni tecniche prepariamo il programma unendo parti preregistrate.


In questo caso mi spiace, perché so che anche Luca, con Topos in Fabula toccherà alla sua maniera parte dell’argomento e sarebbe stato particolarmente bello proporlo in forma di dialogo, ma seguirò anch’io, con la vostra stessa curiosità, il suo punto di vista che ancora non conosco.

Oggi, dove vi porterò con il mio bordeggio? Da dove partiremo, ma soprattutto, dove approderemo tra racconti, riflessioni e considerazioni?


Salite a bordo, aprite il cuore e lasciate alla deriva i pregiudizi... 

“Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”, dice
il Piccolo Principe, e io ho scoperto che nella Vita, le Persone che ho amato di più, anche se non sempre le ho incontrate, sono state quelle che attraverso le loro parole, e quindi con il loro pensiero, mi hanno ispirata, spingendomi a seguire con lo sguardo della mente la loro rotta, fino a permettermi di cambiare le mie prospettive, sono quelle che mi hanno aiutato ad aprire un po’ di più gli occhi non tanto sulle malizie della vita, ma sulla bellezza del cuore e a perseguire una via alternativa gli orrori del mondo, quelle che - come si dice - mi hanno permesso di rendermi conto di qualcosa che non è così evidente o così diffuso: tra queste potrei citare senza esitazioni mio zio, Cesare Padovani, diverse care amiche, Antoine de Saint-Exupéry, autore appunto de Il Piccolo Principe, Richard Bach dal suo Gabbiano Jonathan Livingston fino alle Storie dei Furetti, di cui vi parlerò, Tsunesaburo Makiguchi, Daniele Silvestri che questa volta porto con me in puntata invitandovi ad ascoltare con attenzione le parola della sua “Voglia di gridare”...




Ecco, Daniele l’ho incontrato, e guardandolo negli occhi gli ho chiesto se si possa amare un uomo per ciò che dice, perché se si può, allora io sono certa di amarlo. 

Amo di lui queste considerazioni, questa capacità che ha di mostrarmi non tanto come stanno le cose - che poco o tanto, bene o male lo possiamo intuire più che abbastanza - ma quale azione apparentemente illogica e/o alternativa possiamo scegliere di fare.
Come ormai sapete, io non sono una ricercatrice, una filologa, non vi faccio navigare di porto in porto per illustrarvi l’evoluzione di un pensiero o di un linguaggio della comunicazione: quello che vi offro io sono le mie esperienze personali, osservazioni sul nostro Mondo, “incontri” letterari o chiacchiere casuali già fatti miei, elaborati e restituiti alla quotidianità nelle mie azioni o nelle mie parole.
Se avete ascoltato con me le parole di Silvestri, non può esservi sfuggita la banale ma rivoluzionaria posizione espressa: 
“Ti è mai venuto in mente che a forza di gridare 
la rabbia della gente non fa che aumentare?
la forza, certamente, deriva dall'unione 
ma il rischio è che la forza soverchi la ragione. 


Il numero è importante, 

dà peso alle parole 

per questo, tu, ogni volta, prima pensale da sole
e se ci trovi il minimo indizio di violenza 
ricorda che si eleverà all'ennesima potenza”


E’ un grido alla responsabilità individuale che abbiamo, che vogliamo o meno farcene carico!

La scelta delle parole, degli argomenti da trattare, il modo in cui decidiamo di affrontarli, non è cosa da poco: in questo testo io sento una verità così intensa, così evidente, così forte che, da quando ho ascoltato questa canzone, mi sono sforzata giorno dopo giorno nell’allenamento alla misura, allo sguardo attento nei confronti di ciò che esprimo e a non far spostare la mia attenzione dal mio obiettivo alla mia emotività.

Non è difficile scattare quando sentiamo una cosa che ci urta, che ci ferisce o ferisce la nostra sensibilità: è umano, istintivo e immediato reagire di pancia utilizzando l’insulto, o puntando l’attenzione - e il dito! - sull’agire dell’altro, o chiudendo ogni comunicazione, tutti atteggiamenti che specialmente sui social possono essere davvero immediati ed esasperati. 

E a questa esasperazione siamo esposti costantemente: lo siamo appunto sui social, ma lo siamo nei talk show, e lo siamo troppo spesso nei film, ma ancora nella politica, nella tifoseria, nell’informazione - specialmente nei telegiornali - e nella costante contrapposizione ideologica e morale della trappola nella quale cadiamo quando si trattano immigrazione, omosessualità, vaccini, diritto di famiglia e argomenti simili.

Siamo così assuefatti all’animosità, al risentimento, alla rabbia sorda che ci dimentichiamo che spesso anche idee opposte possono trovare spazio nella coesistenza, ma soprattutto abbiamo smesso di scandalizzarci di questi stati d’animo!



Vedere azioni violente, morti, corpi squartati, soprusi, assistere a ogni tipo di offese alla persona, hanno creato un cuscinetto di abitudine a un certo modo di agire e di gestire le situazioni: che siano azioni reali viste al tg o per strada, che siano fantasie di sceneggiatori e registi, non ci fanno più saltare indignati, perché non ci sorprendono più, non arrivano più nel nostro sentire vibrante: sono come fastidiosi rumori di fondo che a un certo punto non notiamo più, mentre proseguiamo con le nostre vite.


Siamo anestetizzati davanti all’abbrutimento diffuso di questa società che alla resa dei conti siamo noi.
Molto spesso, quando non c’è una reale volontà o intenzione di partecipare ad un’azione di violenza fisica, verbale o psicologica, prevale quantomeno l’indifferenza verso l’azione di altri. 
Ma questo non è che ci renda davvero migliori!



Io ho sempre sostenuto che la “normalità” di per sé non sia né giuste, né sbagliata: semplicemente la parola “normale” attesta che esiste una regola non scritta secondo la quale le cose si fanno in una certa maniera, così diventa normale l’evasione fiscale, diventano normali gli apprezzamenti sessisti, diventa normale farsi sfruttare al lavoro, ma diventa normale ogni altro tipo e grado di violenza, quando questo è visto, rivisto, mostrato, accettato, ripetuto, banalizzato: insomma, “normalizzato”.

Se ci pensate un attimo, alla fine questo cattivo sentire e agire diventa normale e accettato perché è largamente diffuso e raccontato.

Ma se invece di continuare a scavare nel torbido e a raccontare aberrazioni e storie di ordinaria violenza, iniziassimo a raccontare sempre più spesso storie di umana bellezza?
Se diventasse normale raccontare storie di straordinaria umanità fatta di gentilezza, di apprezzamenti, di solidarietà, di complicità, di generosità, di gioia condivisa, di disponibilità, di incoraggiamento, di sensibilità, di empatia?
Se il nostro rumore di fondo fosse un’amorevole armonia, frutto dell’abitudine al bello e al buono che è comunque insito nell’animo umano tanto quanto la nostra parte oscura - che personalmente mi pare ben più in luce di quella positiva?

Ricordo uno stage di danza giocato sulle caratteristiche degli dei della mitologia greca: Mercurio, dio della medicina, era anche il dio del commercio e del furto: al furto apparteneva anche l’appropriazione delle idee.




Questa cosa mi ha fatto pensare spesso, ma in modo più specifico mi ha fatto riflettere sull’informazione e sui particolari scabrosi e dettagliati di cui la stampa ci ...feconda!

Mi sono accorta che talvolta  accade che azioni descritte appunto dalla stampa - ma a volte anche da film - vengano emulate o prese come punto di partenza per essere ripetute, spesso perfezionate, o per evitarne furbescamente le conseguenze imparando dagli errori dell’altro: ma se ad esempio una madre uccide un figlio volontariamente, non è già una notizia terribile anche senza aggiungere le modalità?

Quando anche si parla di Storia, e i libri di storia raccontano nel dettaglio tutti gli orrori che l’essere umano ha saputo fare, a me rimane sempre il dubbio che se la Storia insegna, in realtà insegni solo a continuare ad odiare e uccidere!

Ecco che il mio Bastian Contrario si rivela in toto anche con questo argomento!



Mi spiego meglio: intanto io sono profondamente convinta che la compassione e l’empatia possano manifestarsi solo dove ci sentiamo sostanzialmente simili all’altro: leggevo qualche giorno fa di interventi chirurgici effettuati nel lontano passato a neonati senza l’uso di anestetico perché li si credeva dotati di un sistema nervoso incompleto e di conseguenza si dava per scontato che non sentissero il dolore...

La stessa “distanza” che alcuni pongono tra sé e l’altro, chiunque sia.
O tra sé e gli animali, vittime della crudeltà degli allevamenti o di cacciatori poco dotati...
O tra sé e i pesci, infilzati vivi perché - poiché non gridano - non sentono dolore... un po’ come quel caso in cui non sussisteva lo stupro perché la donna non aveva gridato, ricordate? E’ una vergogna molto recente, questa!
Ma evidentemente, il giudice, non ha saputo mettersi nei panni della Vittima, sentirsi simile a lei, provare, appunto empatia.



Credo anche che quando l’empatia esiste, NON sia necessario mostrare la sofferenza altrui in tutta la sua tragedia.


Ecco perché dico che il Bastiàn Contrario emerge ancora: perché credo inefficaci tutte le giornate di tutte le memorie che ci portiamo dietro.

Non vorrei essere fraintesa: non manco di rispetto e di considerazione nei confronti di nessuna Vittima: credo però che chi ha un certo tipo di apertura del cuore, non necessiti della visione della sofferenza in tutta la sua crudezza per essere loro solidale.
Al contempo, però, credo anche che un nazista poco si faccia commuovere dalla sofferenza delle sue vittime, anzi! Temo piuttosto che se la Storia racconta accuratamente quali siano state le torture scelte, sarà spunto per non ripartire da zero, ma da quello stesso punto per renderle ancora più cruente.

Inoltre credo che non sempre la conoscenza ci faccia porre reciprocamente nel migliore dei modi.

E di nuovo mi scuso per la mia posizione, consapevole che in apparenza possa essere riduttiva.

Le violenze che in passato sono state esercitate, sono vergognose e inammissibili. Imperdonabili.


Ma la memoria continua a rietichettare vittime e carnefici anche in chi non è più né l’uno, né l’altro: sono passati anni, si sono susseguite generazioni: per quanto le nazionalità - o le famiglie, a seconde del caso - possano essere le stesse, non sono le stesse le persone, e sul ricordo e sul pregiudizio fermentano risentimenti e odio aggiornati e resi contemporanei anche in chi, diversamente non avrebbe in cuore nessun tipo di divisione.


E’ stato proprio Richard Bach, nelle sue storie di Furetti che mi ha fatto riflettere su questo punto riguardo alla Storia e sul fatto che alcune storie non dovrebbero essere mei riportate alla ribalta...
Quando noi incontriamo qualcuno di cui non conosciamo le azioni, può esserci simpatico oppure no, ma lo decidiamo istintivamente, e non legandoci a un pregiudizio. Talvolta qualcuno ci entra nel cuore, e solo successivamente, quando veniamo a sapere di qualche evento specifico, capita che possiamo decidere che quel qualcosa è meraviglioso o imperdonabile o addirittura comprensibile o giustificabile anche se inaccettabile...


Quando invece conosciamo prima la vita di una persona e poi la persona stessa, non abbiamo più questa ampiezza di visione e questa capacità di giudizio, perché abbiamo già giudicato a priori, a volte anche nel bene.



Non è così anche con la storia?



eli the worst rinnova l’appuntamento con tutti voi, sempre qui nel mare di yastaradio.com giovedì e sabato in replica alle 11.00 e lunedì prossimo alle 19.00 con la nuova puntata.

E se volete riascoltare le vecchie puntate di bastian contrario, cercatele attraverso il  blogspot di Elena Furio .

 Buon proseguimento col bordeggio di Radio Pirata - la Radio nella Radio!


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