Paflasmòs

lunedì 22 maggio 2017

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22/05/17
12a Puntata: 
Radio Pirata - la Radio nella Radio
presenta:
Radio Pirata - la Radio nella Radio in onda su www.yastaradio.com
al Lunedì ore 19.00
in replica al Giovedì e al Sabato alle 11.00

Bastiàn Contrario:
"DE MAGNO NATURAE ERRORE"
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Oggi non chiacchiererò come faccio sempre. Oggi il mio bordeggio vi porterà a una lettura di un testo scritto ancora nell’ottobre dell’83, qualcosa che scrissi allora.
Il titolo è "De magno Naturae errore".

Un terribile giorno la Natura partorì un figlio anormale:
i suoi cromosomi erano 23 coppie ed i geni piuttosto alterati.


La Natura soffrì per quel figlio sbagliato e pensò che con tutti quelli che aveva sani e affettuosi avrebbe potuto trovare il tempo e la pazienza necessari per allevare anche questo.

Infatti il figlio si fece si fece adulto e al momenti opportuno trovò la sua femmina. Madre natura si sentì rassicurata. Baciò la figlia e le disse “ Sii tu ad averne cura”. La figlia obbedì. Continuò l’opera della Madre ma quel cucciolo fragile non si accontentava delle normali tane dei consueti cibi vegetali. Era un violento. E cominciò la disfatta della Madre. Il figlio e la figlia procrearono esseri che portavano però le caratteristiche genetiche paterne.
Si disperò la Madre. Si disperò la figlia.
Ma non valse a nulla. I figli dei figli ebbero figli e i figli anche: tutti come il primo errore della Natura.
La natura piangeva. Si chiedeva perché avesse assecondato le esigenze di quel cucciolo sbagliato: per lui aveva trascurato gli altri figli, per lui aveva rinunciato alla propria libertà e da lui aveva ricevuto solo male.

Come dicevo prima, anche i pronipoti assomigliavano al padre dei padri e così il loro carattere: come lui camminavano su due zampe, avevano la coda di generazione in generazione più corta, e allo stesso modo diminuiva la peluria del corpo e crescevano i peli della testa. Le loro zampe anteriori avevano cinque dita, prensili.
Questa specie aumentava con la violenza le sue esigenze: sfrattava i suoi fratelli dalle caverne per prenderne il posto. Aveva bisogno di calore perciò adottò il fuoco e con esso arrostiva i suoi fratelli, li martoriava o come minimo li spaventava.
Inventò un linguaggio che fosse per gli altri incomprensibile e si diede norme e regole che                                                            limitassero l’istinto, l’espressione di sincerità, la primitiva realtà. Continuò il suo irreversibile e irrimediabile progresso distruttivo, ampliò  le sue  conoscenze nella creazione dei propri limiti e di armi, si impossessò dei territori dei suoi fratelli ponendo limiti invalicabili ed indistruttibili.


In poche parole riuscì a spezzare il meraviglioso equilibrio che la Natura, la Grande Madre, aveva  insegnato ai suoi figli a rispettare.

L’uomo, questo era il nome di questa specie anomala e differenziata, si lamentava anche che i suoi fratelli tentassero in qualche modo di riconquistare il loro posto, anzi, inventava ancora nuove armi per giocare al tiro a segno sui suoi fratelli e per sterminarne un numero maggiore; inventava armi che non dovessero essere lanciate o usate a mano: inventava i veleni, le sostanze chimiche e nuovi piani di attacco.

E man mano che debellava un problema, lui con la sua folle stupidità ne creava uno o più di uno di nuovi: morti i serpenti, nascono i topi; morte le rondini proliferano gli insetti, e così via.
Sempre più stupido di figlio in figlio, creato il denaro, uno dei suoi tanti limiti, decise di impegnarlo in un modo nuovo per permettere agli elementi più primitivi della società umana di riuscire ancora a sognare.
Si ebbe la vendita di paradisi artificiali, un modo come un altro per eliminare coloro che ancora dotati di sentimento non avrebbero potuto seguire i meravigliosi progressi della massa e avrebbero tenuto più basso il nome dell’umanità.


In nome di quel potere che si era creato l’uomo ansioso di dominare non solo i suoi fratelli ma anche i suoi stessi figli e genitori, aspirava a ottenere il massimo di ricchezze vendendo per pochi soldi la vita altrui e l’altrui intimità.

Dopo la schiavitù, che finse di eliminare generosamente, dopo il razzismo e dopo la motorizzazione, arrivò ben presto il computer: l’uomo troppo pigro e sempre alla ricerca di piaceri non voleva lavorare, ma solo arricchire, dominare, godere, e per arricchire era necessario anche avere poche spese: con il computer le spese aerano ridotte all’osso: non più segretarie, non più agende, non più disegni che facessero perdere le ore e intanto un maggior numero di alienati da riprimitivizzare ed eliminare con l’offerta di droghe e con pubblicità distruttive.

E ancor avanti. Ancora alla caccia del potere. L’uomo voleva arrivare a una supremazia assoluta e perciò non si fermava davanti a niente, nemmeno davanti alla vita dei suoi simili.


E così all’interno della specie, c’erano grandi e violente lotte  dalle quali,tramite una serie di scavalcamenti, uno solo avrebbe dominato tutto. Per arrivare a questo era necessario combattere grandi guerre che però lasciavano perplessi coloro che erano già stati scavalcati e che si erano arresi alle loro mediocri situazioni: un conflitto del genere proposto, avrebbe causato troppe vittime e soddisfatto ben pochi potenti, ma nonostante la tensione d’equilibrio causata dalla parità di forze delle varie potenze, si arrivò ad un conflitto termonucleare di grande portata: saltarono uno dopo l’altro i Paesi, i continenti e su di essi si spense la vita umana e purtroppo ogni altra forma di vita: tutto era squallore, desolazione, corruzione, putrefazione, fumo acre, resti bruciati e le case, si, le case!, finalmente non erano più dei limiti nelle condizioni in cui si trovavano ora: Ogni opera dell’uomo era distrutta, ogni sua follia era stata spazzata via, annientata con la sua morte: dell’uomo era rimasta solo una donna gravida e nient’altro. Una donna sofferente, nuda, senza altro scopo che suo figlio, così come era stato per Madre Natura.

Madre Natura, dopo questa dolorosa disfatta, per quanto vecchia e ferita nel corpo e nel cuore, con grande coraggio alzò faticosamente la possente mole del suo capo e rantolando guardò il disastro subito per avere amato. Si sostenne faticosamente con le braccia martoriate e a capo chino pianse tutto il suo sconforto e la sua triste rabbia. Vide quella figlia che vagava con negli occhi un’unica luce: suo figlio. La Grande Madre capì, ma non volle che si ripetesse questa grande disperazione a causa della sua debolezza: guardò speranzosa in giro alla ricerca di qualche altro germe di vita che continuasse la sua esistenza, ma non trovò null’altro che quella figlia sola nella desolazione del grande mondo che possedeva per il suo meraviglioso bambino che sarebbe nato, che doveva nascere. Madre Natura la guardò ancora colma di dolcezza e di commozione per quella creatura sola ma non revocò la sua grande decisione: meglio il sacrificio totale di sé che una seconda rovina.

Baciò da lontano la sua bambina e con un singhiozza profondo strappò i fili della Vita, della sua Vita. Ora il Mondo non aveva nulla: né una Madre, né una Figlia: ma Madre Natura non aveva guardato bene tra le pietre della spiaggia.
Non aveva visto il fiore rosso che stava sbocciando, che avrebbe mantenuto in vita la vecchia, dolce , affettuosa, comprensiva Madre e la Madre non peccò più di debolezza, mantenendo da allora in poi una meravigliosa disciplina tra le sue splendide creature.


Questo era il mio racconto: la mia speranza è che non diventi mai una realtà

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