Paflasmòs

martedì 23 marzo 2021

#liberacondivisione - "VITA IN STAND-BY", Bastiàn Contrario


VITA IN STAND-BY

      


La domanda di partenza, che vorrei invitarvi a rispondere a voi stessi, è semplice, forse un po’ retorica di questi tempi: “Come avete vissuto e come state vivendo il periodo segnato dal Covid 19?”

Beh, dal momento che la voce narrante sono io, direi che mi verrebbe da rispondere: “Sento tutto instabile, privo di certezze, inafferrabile.”

Ma cosa c’è, nel dettaglio, che possiamo definire in questo modo?

Un possibile elenco può delineare condizioni comuni a molti.

Per alcuni, l’incertezza più grande è proprio quella della sopravvivenza, cosa che di per sé è comunque un’ipotesi, ma generalmente non percepita.

Fino all’anno scorso, nessuno che fosse in salute si era mai chiesto che possibilità di sopravvivenza lo avrebbero atteso nel giro di pochi giorni. Invece, all’improvviso, essere in salute e mantenersi in tale condizione, è diventato un pensiero ossessivo, un pensiero circolare e prepotente.

E’ diventato imperativo occuparsi della salute di chi si ama, anche a costo...


Salute come sempre a ciascuno di voi, miei affezionati Pirati di Radio, di Terra e di Rete. E’ sempre più importante, per me, dedicarmi ai nostri incontri, sempre più frequenti e diffusi, con impegno e costanza, sperando di essere davvero la eli the worst coerente e stimolante che fa del suo Bastian Contrario un programma in risonanza reciproca col vostro sentire e interagire con la realtà…

Oggi, dove vi porterò con il mio bordeggio? Da dove partiremo, ma soprattutto, dove approderemo tra racconti, riflessioni e considerazioni?
Salite a bordo, aprite il cuore e lasciate alla deriva i pregiudizi…

Oggi non andremo molto lontano con la nostra immaginazione, ahimè.

Oggi vorrei fare con voi una riflessione probabilmente un po’ scontata, soprattutto nella sua fase descrittiva, ma che vorrei sinceramente che seguiste fino in fondo, fino alla consueta svolta che cerco di dare in ogni puntata.

La domanda di partenza, che vorrei invitarvi a rispondere a voi stessi, è semplice, forse un po’ retorica di questi tempi:“Come avete vissuto e come state vivendo il periodo segnato dal Covid 19?”

Beh, dal momento che la voce narrante sono io, direi che mi verrebbe da rispondere: “Sento tutto instabile, privo di certezze, inafferrabile.”

Ma cosa c’è, nel dettaglio, che possiamo definire in questo modo?

Un possibile elenco può delineare condizioni comuni a molti.

Per alcuni, l’incertezza più grande è proprio quella della sopravvivenza, cosa che di per sé è comunque un’ipotesi, ma generalmente non percepita.

Fino all’anno scorso, nessuno che fosse in salute si era mai chiesto che possibilità di sopravvivenza lo avrebbero atteso nel giro di pochi giorni. Invece, all’improvviso, essere in salute e mantenersi in tale condizione, è diventato un pensiero ossessivo, un pensiero circolare e prepotente.

E’ diventato imperativo occuparsi della salute di chi si ama, anche a costo di allontanarlo dall’abitazione condivisa a volte, dalla nostra vita, nel caso si possa essere potenzialmente portatori di questo virus…

L’impossibilità di prevenire e di prevedere se e quando ci si possa ammalare, ci ha portati ad essere sospettosi di chiunque, e per alcuni, continuare a svolgere il proprio prezioso lavoro è diventato rischioso come giocare alla roulette russa…


Per altri, l’incertezza più grande è ed è stata la possibilità di sopravvivere economicamente: come pagare le bollette, i mutui, i beni di prima necessità?

Il lavoro è ridotto, gli imprenditori chiudono, i sussidi dello stato sono quelli che sono, categorie bloccate senza alcun respiro…

Persone senza lavoro, persone che non sanno dove investire su se stesse, persone che hanno un’età ed era già difficile trovare qualcosa anche prima, donne che hanno figli…e chi le assume…?

Per altri, l’incertezza più grande è quella affettiva e relazionale: figli, fratelli, nonni…divisi dal colore della regione, innamorati giovanissimi o non ancora conviventi in costante insoddisfatta tensione, coppie in boccio appassite senza essere fiorite, coppie divise che hanno visto i propri figli dimenticare uno dei genitori o viceversa, genitori che si sono allontanati irreversibilmente dai propri figli.

Amicizie che si sono sgretolate e poi polverizzate e infine dissolte…

Tutti praticamente agli arresti domiciliari, almeno in certi periodi: bambini e giovanissimi compresi.

E il dolore, l’immenso dolore, di salutare un’ultima volta un proprio caro e…abbandonarlo al suo destino, tra le mani di estranei, incerti sulle sorti che lo accompagneranno: guarirà? Avrà conforto, o il personale sanitario sarà troppo stanco, ridotto, frettoloso, indurito? E anche non fosse così, nessuno potrà mai sostituirci per i nostri cari…

E se avrà bisogno, lo ascolteranno? Se avrà paura, chi lo conforterà? Troverà una parola buona? E se… e se non ci fosse guarigione… ci sarà qualcuno a tenergli la mano nel momento supremo della fine, quando avrà paura, quando si sentirà solo e nessuno tra chi lo ama, potrà cullare il suo ultimo respiro?

E sarò informata della sua dipartita? C’è stato anche un tempo in cui non tutti potevano essere accompagnati nell’ultimo viaggio…

Soli senza consolazione coloro che venivano portati via dall’ambulanza, soli senza consolazione coloro che restavano a casa, e gli uni e gli altri legati solo a fili sottili di speranza…

E le persone anziane e sole. Sole con le loro fragilità, con le loro abitudini, che sono spesso il loro rapporto stesso con la Vita, tarpate. Sole e rinchiuse. Isolate con i loro pensieri e il loro insospettabile spirito di ribellione, a volte.

E il tempo è passato. E i primi mesi sono stati doppiati dall’anno intero e ora ancora: quali sogni si coltivano? Quali speranze ci guidano? Quali ambizioni sopravvivono? Quali progetti?
Per carità, la mente è una fucina creativa inarrestabile: migliaia sono le idee che si possono sovrapporre… ma tra il pensare, il progettare e il realizzare, ci sono gradi di azione ben diversi e se si può tenere occupata la mente con le fantasie, non si può coltivare sicurezza e fiducia nel futuro quando il contenitore del futuro è effimero e instabile da ogni prospettiva!

Mi viene alla mente la triste vicenda del Ponte Morandi. E di tutte quelle auto che, inarrestabili, sono precipitate nel vuoto, esattamente come le speranze e la fiducia di molti…

E poi le incomprensioni: modalità diverse e spesso incompatibili di affrontare le difficoltà contingenti, le paure e la lontananza. Idee preconcette che dividono e allontanano anche là dove le preoccupazioni e la lontananza fisica diventano le stesse…

Mi viene da pensare anche a quelle situazioni claustrofobiche in cui, al contrario, le convivenze diventano coercitive, situazioni di coppie al limite della crisi, costrette dalle circostanze alla convivenza continua e sotto pressione per tutte le cose già considerate in precedenza, tensioni esacerbate che sfociano in violenza domestica o autolesionismo o insofferenza tra condomini …

E c’è da dire che in tutto ciò, siamo anche fortunati: abbiamo strumenti che ci permettono intanto di farci un’idea seppure vaga sulla situazione: radio, giornali, tv, ma soprattutto internet con i suoi sevizi che ci consentono in tempo reale determinati aggiornamenti e soprattutto contatti.


Si, abbiamo la possibilità meravigliosa, e lo dice una che con l’informatica mal si assortisce!, di parlarci, vederci, riascoltarci, e quindi confrontarci, consolarci, condividere i nostri dolori e i nostri incoraggiamenti, conoscere in un istante le condizioni di chiunque sia per noi riferimento, affetto, o occasione!

Possiamo guardarci negli occhi anche da un continente all’altro, possiamo farci forza reciprocamente, possiamo confermarci che non siamo soli, possiamo piangere con qualcuno le nostre lacrime o risvegliarci a nuovo coraggio, pazienza, tenacia e speranza.

Possiamo trovare comprensione, talvolta leggerezza, possiamo ravvivare il colore della speranza in un futuro inimmaginabile – ma per convenzione roseo -, prima o poi!

Ci avete mai pensato che questa pandemia che riteniamo – e che per certi versi è – insostenibile, si è presentata nel migliore dei momenti storici di nostra memoria?

Proviamo solo a immaginarci rinchiusi, isolati, senza contattai con nessuno, senza informazioni, senza risposte alle nostre domande e alle nostre paure, senza distrazioni – e internet è un buon amico, da questo punto di vista -, senza la possibilità di procacciarci certi beni, anche quelli garantiti in più modi, non ultimo l’acquisto on line… Chiusi, dicevo, e assediati da un nemico potente e invisibile…

Roba da andar via di testa!!!!

Già ad alcuni capita, ma senza l’attuale tecnologia dei sistemi di comunicazione, sarebbe davvero insostenibile per tutti!!

Mi rendo conto, cari Pirati, di non aver aggiunto granché, fino a questo punto della trasmissione.

Ma il motivo per cui parlo di cose note a tutti è lo stesso per il quale ho deciso di scrivere questa puntata.

Credo che quanto descritto sommariamente e nemmeno troppo dettagliatamente fino a qui, sia davvero patrimonio condiviso di conoscenza e riconoscibile da chiunque mi stia ascoltando o leggendo!

Che poi si sia pro o contro il vaccino, le mascherine, il plasma autoimmune, il Big Pharma o il complotto, poco conta: la sofferenza, la fatica e la difficoltà di affrontare le situazioni descritte in precedenza, ci accomuna tutti.

E tutte le nostre vite, sembrano dimenarsi come anguille in secca, in questo stand-by obbligato.

A questo punto devo trasmettervi la mia riflessione parallela che, senza nulla togliere a questo garbuglio della pandemia in atto e delle sue forzature, mi sembra calzare a pennello anche in un’altra realtà, la cui discussione, a causa del Covid, sembra essere passata di moda.

Sto parlano degli immigrati, dei richiedenti asilo, di quella moltitudine negata e trattata come evanescente e invisibile.

Per inciso, dalle mie parti, da quando si è diffuso il Covid, sarà un caso, ma i due alberghi preposti alla loro accoglienza, sono stati svuotati, smantellati e rivenduti: degli occupanti, non ho più avuto notizia…

Perché sento le due cose così vicine e simili, da poter scalfire se non addirittura abbattere certi muri di insofferenza e pregiudizio?

Perché quello che stiamo vivendo noi col Covid, non è così diverso da ciò che loro hanno sempre vissuto nel tentativo, spesso vano, di emanciparsi e nascere a nuova vita in Europa…

Facciamo, vi prego, qualche passo insieme…

L’abbandono, ad esempio.

Quante sono state le Madri, ripeto, le Madri!, che augurando loro salvezza hanno affidato al mare e ai suoi mercanti i propri figli? Quante sono, per ciascuno di loro, le probabilità di portare a termine l’atroce viaggio e avere salva la vita? Quanti sono coloro che dopo un saluto col groppo in gola, non hanno più ricevuto notizie di sorta dei loro cari, restando a lungo, sempre troppo a lungo in questi casi!, nell’incertezza delle loro sorti? Quanti sono a non fare ritorno dalle profondità del mare? E quanti sono quelli che, sopravvissuti, hanno davvero compiuto favorevolmente questo viaggio, riscattandosi dalla situazione di partenza?

Quanti sono, tra loro, ad aver lasciato tutto e tutti al di là del Mare? Senza la madre, il fratello maggiore, il compagno? Senza la certezza di ritrovarsi né in Terra natale, né in Terra straniera.

Soli verso l’ignoto: ignota la destinazione, ignoti i sistemi di accoglienza, ignote le leggi locali, ignota la lingua, gli usi e i costumi: una solitudine e un’impatto contenuti solo in parte dall’essere compagni di avventura o di sventura…

Presi e obbligati a convivenze forzate, spesso incompatibili per culture o religioni, simili solo ai nostri occhi ma non necessariamente reali, colpevoli solo di seguire una via di salvezza o un sogno o una speranza!

E una volta qui, quante possibilità concrete hanno di realizzare questi sogni? Di trovare un lavoro, una casa?

E, sappiatelo, non necessariamente per svogliatezza, ma troppo spesso per leggi disattese o strumentalizzate o contrastanti tra loro!

Che troppi, anche giovanissimi, si trovano dapprima trattenuti nei centri cosiddetti di accoglienza, nell’impossibilità, quando non nell’incuranza vera e propria, di trovare conforto e banale sostegno umano, comprensione per le loro storie fatte di lacerazioni affettive, se non di veri abusi e violenze di ogni genere vissuti in prima persona.

Cosa c’è di diverso dalla nostra solitudine, dalla nostra paura, dal nostro disagio psicologico in tempo di Covid?

Paura di morire, morti in solitudine, separazione dai propri cari, spesso definitiva, incertezza profonda nel futuro, mancato sostegno umano e psicologico, impossibilità di investire in un progetto per il futuro, e fuori dalle strutture dedicate, troppo spesso un nemico potente e indefinibile: il razzismo.

Troppi non sanno che questi ragazzi troppo spesso non conoscono nulla dell’Italia: né i nostri usi e costumi, né tanto meno la lingua per poterli comprendere e replicare.

Troppi non sanno le condizioni in cui troppi albergatori li fanno vivere, consapevoli della loro impossibilità a denunciarli, e delle punizioni psicologiche e corporali che spesso fanno loro subire, come assenza di riscaldamento nelle stanze, acqua solo fredda e docce punitive all’aperto anche in pieno inverno, anche in località montane del nord…

Troppi non sanno che non sempre la lingua italiana viene insegnata…che non sempre ci sono mediatori culturali coinvolti a facilitare la comprensione reciproca…

Che poi, certi pregiudizi….

Sembra impossibile che ci facciamo ancora fregare. Eppure, bastano un minimo di disincanto e di logica. Molti italiani hanno inveito con veemenza contro i famosi 35 euro al giorno per queste persone.

Troppi non sanno che dei suddetti 35 euro, 32,50 erano suddivisi tra l’albergatore che aveva così l’opportunità di tenere in piedi una struttura altrimenti in perdita, di dare da lavorare a qualche cuoco e supermercato, di far lavorare cooperative e i loro dipendenti e, in questo giro, far tornare allo Stato denaro in tasse.

Tornando ai richiedenti asilo, è vero che ormai da tre anni non ho più avuto modo di occuparmi direttamente di loro e che non ho seguito sviluppi e ripensamenti legislativi, ma nel periodo in cui davo una mano sul campo, ricordo che i tempi previsti di permanenza in attesa di verifica dei richiedenti non avrebbero dovuto superare i 6 mesi: eppure alcuni dei ragazzi, dopo 2 anni, non avevano ancora visto la propria pratica conclusa e di conseguenza mancavano i documenti utili, cosa che li obbligava alla stanzialità nell’albergo di accoglienza, impediva loro la possibilità di ottenere un lavoro e quindi un’emancipazione economica e la possibilità di trovare una casa, e di poter avere la patente di guida…

Cosa fai chiuso in un albergo, inattivo, senza progetti, senza denaro, senza possibilità di mantenerti, senza tempistiche sul futuro, con tutti i tuoi addii e le tue storie passate, senza potenzialità di inserimento sociale?

Cosa fai, se non rischiare, come tutti noi, di impazzire?

Li vedete, adesso, i paralleli tra le nostre e le loro difficoltà?

Cogliete quanto la pandemia ci consenta di metterci nei panni di coloro che molti italiani rifiutano categoricamente?

Per non parlare del famoso e contestato telefonino!!!!

Ditemi, come superereste voi la pandemia senza telefonini, tablet e computer?

Vi sembra davvero così strano che queste persone abbiano le nostre stesse necessità di mantenersi in contatto con parenti o amici, i quali sono rimasti in Africa?

Che vogliano restare in contatto con i compagni di viaggio? Che cerchino di fare rete nella speranza di trovare o costruire un lavoro? Che cerchino spunti per costruirsi un possibile futuro? Che vogliano vedere in fotografia o in videochiamata la donna che amano o i figli o i genitori?

Non vi sentireste ancora peggio, voi, nell’affrontare questi lockdown se foste privati della possibilità di restare in contatto con chi vi è più caro?

Credo che se un merito debba essere riconosciuto al Covid, sia proprio quello di aver paradossalmente accorciato molte distanze!

Ecco, in questo parallelo si è dipanata la rotta della mia riflessione odierna che vi invito a riascoltare dal podcast La Radio nella Radio, qualora lo desideriate!

Puntata 211


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