Paflasmòs

lunedì 9 aprile 2012

"Sui benefici di Ca' del Bue"

"Sui benefici di Ca' del Bue"  (Staff  Sindaci Itineranti) servizio del 23 marzo 2012

Pochi giorni fa mi sono recata a San Martino Buon Albergo, all’ennesimo incontro riguardo Ca’ del Bue.
Devo ammettere che la sala era finalmente gremita di persone interessate e attente, delle quali molte dai visi mai visti prima. 


Sono rimasta sorpresa, e immagino lo sarete anche voi con me, scoprendo quanto questo argomento risulti nuovo per molti, amministratori compresi, nonostante l’annosa battaglia che si continua a combattere su diversi fronti. Tuttavia è positivo vedere nuove persone che sono disposte a conoscere, informarsi e trarre conclusioni e che questo movimento si sta espandendo senza accennare minimamente a regredire!


Premesso che l’unico organo ufficiale preposto alla decisione sulle sorti dell’impianto è la Regione, ci si aspetta che questa informazione che si fa sempre più dettagliata e approfondita e che ha raggiunto politici al di là dei partiti di appartenenza, sia un ottimo sostegno per far approvare la proposta di legge per la revisione del piano regionale per la gestione dei rifiuti solidi urbani per la Regione Veneto, atto firmato da 5 comuni, numero sufficiente per impegnare la regione stessa ad affrontare definitivamente la questione con dovuta risposta ufficiale.

Intanto cominciamo a spiegare che ci sono tre tipi di attivisti che si occupano di fare informazione sui danni che la riattivazione dell’inceneritore comporterebbe: questi sono comitati e associazioni di cittadini, medici e scienziati, e amministratori particolarmente attenti e lungimiranti di alcuni Comuni, tutti coesi nel sostenere che riattivare l’inceneritore di Ca’ del Bue sarebbe una scelta anacronistica, inutile, malsana, contraddittoria e antieconomica.


Anacronistica e inutile: l’inceneritore è stato realizzato ancora nel 1988, il piano della gestione dei rifiuti risale al 2002, quando la raccolta differenziata era poco più che un’ipotesi. 
Per funzionare a regime ridotto, l’inceneritore necessita di circa 500 tonnellate di rifiuti al giorno, che diventano ben 1200 per il previsto pieno regime. 
Il Veneto rientra però tra le “Regioni Virtuose”, ossia tra quelle che ben praticano la raccolta differenziata. Risultato: già nel 2010 l’ Arpav ha dichiarato che la provincia di Verona produceva SOLO 136 tonnellate di rifiuti, 238 se unite a quelle della prevista area di Vicenza. Ancora troppo poche. Ciò dimostra che l’inceneritore NON ci serve.
Se nel 2002 la raccolta differenziata  raggiungeva mediamente poco più del 35% contro il 60% del 2010 e contro l’attuale 82% ottenuto in soli 2 anni da alcuni Comuni, diventa evidente che sussiste ancora un buon margine in cui ridurre ulteriormente la produzione dei rifiuti.
Per facilitare l’applicazione delle norme di riciclo anche agli stranieri, ormai numerosi sul nostro territorio, si stanno anche realizzando opuscoli in 5 lingue, arabo compreso!
Riciclare, anzichè bruciare, significa salvaguardare dei beni e osservando la situazione ecologica ed economica del pianeta, diventa -come dice uno dei sindaci-  una bestemmia bruciare ancora carta, legno e plastica per poi ripiantare alberi per fare la carta ed estrarre nuovo petrolio... 

Malsana: a questo proposito la parte scientifica è stata messa in campo dal Prof. Paolo Ricci, dell’Università Cà Foscari di Venezia, che ha spiegato bene quali parametri definiscono scientifico uno studio.
Per essere tale, uno studio deve essere pubblicato su riviste scientifiche accreditate, cioè riviste i cui esperti vagliano in maniera competente articoli di autori che rimangono a loro anonimi fino alla pubblicazione. Inoltre, al momento della pubblicazione, dev’essere dimostrato e pubblicamente dichiarato che il ricercatore, autore dell’articolo, non ha conflitti d’interesse nel condurre il proprio studio in una determinata maniera. La somma di diversi studi così ottenuti e convergenti nei risultati, è riconosciuta come verità scientifica, seppure in possibile continuo divenire.
Il limite di questo tipo di ricerca, è che spesso le misure preventive sono posticipate a lungo prima di avere un quadro sufficientemente completo, come è accaduto ad esempio nel caso dell’ amianto e del tabacco: sono passati quasi cent’anni dai primi allarmi alle prese di posizione...
Poichè nei processi di combustione sono presenti sostanze cancerogene, è logico che esse siano presenti anche in caso di incenerimento. La cosa da sottolineare quindi non è SE ci sono, ma QUANTE se ne accumuleranno nel tempo: e nell’organismo, e nel terreno, e nei prodotti alimentari, tenendo ben presente che se osserviamo la singola sostanza tossica anzichè la complessità delle centinaia di sostanze a bassa concentrazione messe insieme, otterremo un  effetto non apprezzabile, rispetto a quello sinergico di tutte le sostanze unite.
Bisogna ricordare che gli effetti possono manifestarsi anche fra i 10 e i 20 anni: ovvio che in caso di riavvio dell’inceneritore non moriremo tutti domani!
In ogni caso è appurato che determinate patologie si manifestano fino a tre volte di più
nelle aree limitrofe agli inceneritori, siano queste di tipo respiratorio, tumorale o della riproduzione. Tra l’altro il Prof Ricci ha sottolineato che proprio le patologie che comportano i cosiddetti “effetti avversi alla riproduzione” (ossia abortività spontanea, mortalità prenatale, malformazioni fetali, nati sottopeso o prima delle 30 settimane di gestazione) possono essere viste come i “campanelli d’allarme più precoci dei possibili danni da inceneritore”. E a me viene da ricordare che, sebbene si definiscano freddamente campanelli d’allarme, stiamo in realtà parlando di bambini: possibili figli o nipoti nostri....
Tra le varie sostanze, viene discussa in particolare la famigerata diossina, molto facile da accumulare e lentissima da smaltire, così dannosa e potente che si misura già da quantità a partire dal milionesimo di milligrammo. 
C’è tra l’altro da preoccuparsi non solo di ciò che si respira, ma anche di ciò che si mangia.
Inoltre il prof Ricci ricorda che le aree interessate dai rischi dei fumi degli inceneritori si estendono, per quanto in modo via via più alleggerito, fino a 20 km di raggio, sempre che non intervengano venti particolari o altri eventi a canalizzarli in modi imprevisti, o che non raggiungano falde acquifere.
E se è vero che gli inceneritori inquinano meno di un tempo, questo vantaggio è annullato dal proporzionale ingrandimento degli stessi, così come è vero  che esiste un metodo, il comet test, che permette di vedere eventuali alterazioni del dna danneggiato dagli effetti dell’esposizione a fumi da incenerimento già dopo 2 o 3 mesi, attraverso la semplice asportazione di cellule superficiali della mucosa della bocca. 
E’ ovvio tuttavia che, qualora l’inceneritore ripartisse, a poco varrebbero i vari test per poterlo fermare.

Contraddittoria: é stato più volte dimostrato che l’aria di Verona e provincia è così inquinata da essere “fuorilegge” un giorno su tre: la domanda più logica è: vale la pena inquinarla ulteriormente? E anche ammesso - e non concesso! -  che l’inceneritore produca aria purissima, appurato che non abbiamo materiale da bruciare, quanti saranno i camion che percorreranno le nostre strade per portare le tonnellate di rifiuti necessarie? E le conseguenze più immediate per i cittadini quali saranno? In ogni caso l’aumento dell’inquinamento atmosferico, accompagnato da un aumento del traffico al quale, mi viene da aggiungere, dissesto anticipato del manto stradale da riaggiustare a spese della comunità...
Tra l’altro si sente dire che l’incenerimento ci eviterà di avere discariche, ma non sarà esattamente così, poichè anche le ceneri che ne deriveranno, circa 1/3 del bruciato!, avranno bisogno di un posto dove essere smaltite...

Antieconomica: far ripartire Cà del Bue potrebbe stabilizzare il bilancio di Agsm, tuttavia offrirebbe il risultato diametralmente opposto ai cittadini: grazie all’aumento dell’inquinamento che ne conseguirebbe, le proprietà immobiliari  perderebbero valore così come i prodotti agricoli e quelli da allevamento, con ulteriori perdite di posti di lavoro... 
Ricordando che l’acquirente sarà un privato, sarà doveroso “permettergli” di trarre il massimo beneficio dal suo investimento: dunque, saranno necessarie le 1200 tonnellate di rifiuti di cui si parlava prima, sebbene non sia così chiaro quale provenienza avranno.

Dopo tutte queste considerazioni, e ricordando che un principio di legge dice che, davanti a un forte dubbio, è bene applicare il principio di precauzione, perchè riaccendere l’inceneritore?

Il mio sito: PAFLASMOS

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