Paflasmòs

lunedì 26 dicembre 2016

Frana nelle viscere

Ci sono cose piccole. Piccole piccole.
 
Piccole e lievi come il suono della pioggia dietro i vetri.





Sembrano, a volte, come quelle frane, possenti e fragorose, che si propagano nel ventre della terra... iniziando con lo sgretolarsi centripeto di un piccolo ciottolo, di un ciottolo pic-co-lis-si-mo.



Non sembrava portare con sé un carico così greve l’ingenua distanza che finestre ben strutturate mettevano tra me e il suono reso quasi impercettibile dello scrosciare della pioggia. Eppure.




Eppure... Eppure, seguendo poco a poco quei ciottoli centripeti, accelerati, vorticosi, numerosi, crescenti e in crescendo.......proprio come nelle grotte segrete della terra, là dove avvengono rovinose e prepotenti trasformazioni, creazioni di inattese e attonite voragini non viste, proprio come nelle grotte, dicevo...s’è squarciato il velo.

 

Ogni sasso. Ogni frammento. Ogni boato. O-gni-par-te.
Tut-to...era...immagine...temporanea...e già in...caduta...di.
Di promesse mai mantenute. Una dopo l’altra. Una dietro l’altra. Rotolanti l’una sull’altra, quasi a non dare il tempo, no!, nemmeno per riconoscere l’istante...

Rilasso la schiena, che era rimasta tesa e contratta nell’inseguire l’immagine e trasporla in parola, e penso che voglio vedere e guardare, e anche rivedere le conclusioni che sembrano già tratte.

 

Dicevo: era solo il rumore ESTROMESSO della pioggia.

La casa: SI-GIL-LA-TA.

Una bara?
Ma...? Io sono VIVA, io!
Io...sono venuta in montagna per essere ...Natura.

Il caldo, il freddo, il giorno, la notte, la luce, gli odori, i suoni, il fuoco, il corpo, lo sforzo.



Non sento la pioggia, capisci? NON SENTO LA PIOGGIA!

E’ venuto il cane a dirmi che c’è il temporale...perché in casa non si sente!!!



Promesse spezzate, dicevo.


Si parlava di venire in montagna e vivere della nostra fatica, senza denaro...o quasi.

Entrare nel ritmo delle giornate e nel ritmo delle stagioni.

Mangiare i prodotti dell’orto, i frutti del bosco, scaldare e cucinare con la stufa a legna e abbracciare la borsa dell’acqua calda tra le coperte.



E con una rabbia che nemmeno sapevo di covare, ho iniziato a lanciare le mele cadute , col desiderio di spaccarle, di sentire fare spockpok contro qualcosa. 


Sono rientrata e con la stessa rabbiosa soddisfazione, ma urlando in silenzio, ho-strap-pa-to-una-a-una-le guarnizioni-maledet-te-si-gil-li-i-solan-ti tra me e i mondo!!!

E si è sentita la pioggia.

La pioggia...lieve.

Le singole gocce di pioggia...sgocciolanti dalle piante...



Mi sono chiesta dove fossi io, per scegliere con te una casa così rimodernata, precisina, sofisticata, di lusso, con infissi che non lasciano scampo.



Mi sono accorta che come le finestre sigillano...anche la stufa sigilla...e NON si sente il CREPITIO del fuoco...


Che altro manca qui? 
Mi manca la luce.


Io volevo una casa in montagna...
Volevo una casa isolata, molto povera di comfort...magari con la fontana e tanta terra, per essere libera dal timore di disturbare i vicini e per non sentire l’odore odioso di cadaveri alle braci.

Magari con il bosco per non restare mai senza la legna, forse con gli alpaca che scorrazzano e sicuramente con alberi da frutto di ogni sorta, anche per avere un entrata sicura di tanto in tanto


Volevo una casa grande, con spazi adeguati ad accogliere e mettere a proprio libero agio persone di ogni sorta: una specie di decrescita felice in stage...
Ma qui...il posto non c’è.


Non ho mantenuto la mia promessa: non ho  messo i blocchi della luce per ridurre consumi e prendere ritmi più naturali.
Non ho difeso il mio sogno di indipendenza dalle leggi di mercato, nella una sfida verso l’eco sostenibilità spinta.

Alla fine, sarà stato lo sfascio progressivo di questo sentire, lo stordimento del dolore, della mia mancanza di rispetto verso me stessa e la mia Vita...ma ora mi  sento sola, incompresa.

E questo pensiero ha un suono di sassi che slittano e trascino tutto con sé, dentro la pancia della montagna.



Io guardo.

Guardo questa sfilza di pensieri e di dolore restandone fuori, come al cinema.

La frana non può trascinarmi con sé perché resto sufficientemente a distanza, ma la guardo e vedo.



La domanda più pesante, sospesa sul filo del baratro, rimane il dubbio su quale sia la verità del mio vedere: se i pensieri distorti dalla pioggia che mi hanno avviluppata e trascinata stanotte, o se l’innocenza che ho sempre visto nei tuoi occhi e che mi ha fatta perdutamente innamorare....



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