Paflasmòs

martedì 17 aprile 2012

L'istruzione, strumento per combattere la violenza sulle donne.



"Vardete dal can e dala dona con el libro in man."   
 Servizio di Gabriele Barbi .  
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Avere l’occasione di essere io, un uomo, a parlare di questa iniziativa tutta al femminile, è un onore. 

“Stare dalla parte” delle donne, non basta. 
Bisogna agire e riconoscerne il valore in prima persona, anche pubblicamente se si presenta l’occasione. 
E lo dico... perchè non è così scontato, nonostante si sia nel 2012!

Prendo spunto da un incontro tenutosi al Circolo degli Ufficiali grazie a Fidapa - Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari -, e al progetto Paflasmos per sostenere la fondazione Rita Levi-Montalcini, che in Africa si occupa della scolarizzazione delle donne e delle fasce più deboli.

Ho scelto come titolo questo monito popolare del cane e della donna colta, per sottolineare quanto la figura femminile pensante, autonoma, intelligente possa far paura nell’immaginario collettivo che da sempre l’ha relegata, isolata e sottomessa. 

Presente l’avvocata Daniela Turci Dindo che, con il medesimo titolo del servizio, ha iniziato a raccontare dei (non) diritti delle donne in Italia, a partire dal 1804, quando con il codice napoleonico del diritto di famiglia venne affermato che ”la natura ha fatto delle donne le nostre schiave”, affermazione che comprende in automatico la negazione in toto di quelle libertà così care e scontate per le nostre donne come decidere cosa indossare, cosa leggere e chi vedere, se diventare madri, se lavorare...
Privazioni che ai nostri tempi rientrano a pieno titolo tra le violenze psicologiche, e che sono state lecite e sostanzialmente immutate fino agli anni 70, quando, grazie all’obbligo della licenza media anche per le femmine le cose iniziano a cambiare: 
nel 70 la legge sul divorzio, 
nel 71 la dichiarazione di incostituzionalità del divieto di pubblicizzare i metodi contraccettivi, accompagnata dall’apertura dei consultori famigliari e del controllo della fertilità. 
Nel 75 si ottiene la gestione paritaria della famiglia e nel 78 la legge sull’aborto. 
Il 91 vede un sorpasso per numero, resa e frequenza delle donne universitarie, rispetto a noi maschi e nel 96, finalmente, la violenza sessuale diventa reato contro la persona, anche se commessa dal coniuge.

Forse come uomo non mi ero mai posto le domande relative ai vari passaggi delle normative riguardanti le donne. 
O più probabilmente, non sentendomi inferiore o superiore a una donna e ritenendo che in un paese civile certi diritti siano imprescindibili dalla persona, mi sembrava addirittura superfluo prenderne atto. 
Invece mi rendo conto della dura battaglia e della fortuna che hanno le nostre compagne e le nostre figlie ad essere nate in quest’epoca, in questo paese; di quanto noi stessi possiamo ritenerci fortunati ad avere compagne e mogli con cui confrontarci e di cui godere, arricchendoci di una sensibilità altra e di un pensiero dualistico e costruttivo.

Una parità che sarà resa ancora più perfetta e incisiva sul costume, quando si applicherà l’obbligo di maternità anche a noi, e cominceremo a condividere davvero tutti i ruoli famigliari oltre a quelli sociali.

Tra le righe credo si sia colto che la differenza in questo percorso è stata l’apertura alla scolarizzazione, fortuna della quale credo non siamo sufficientemente consapevoli e grati, quindi mi sento perfettamente in linea con le altre relatrici quando a gran voce raccontano della necessità di istruzione.

In particolare in Africa, le bambine non hanno le stesse opportunità scolastiche dei maschi: giovanissime vengono mandate a procurare l’acqua per la famiglia, anche a qualche chilometro da casa, vengono preposte ad accudire i fratelli, vengono praticamente vendute come mogli...e troppo spesso intervengono a limitarne le potenzialità anche i precetti religiosi. Non solo non possono emanciparsi nel pensiero, ma nemmeno economicamente, in quanto impreparate a quella che può essere un’attività commerciale, una cooperativa, una banca o ad affrontare - se non a prevenire in maniera significativa - una malattia...

Disattivare la povetà e la fame diventa possibile se, anzichè allontanarsi dalla propria Terra, si impara a progredire per se stessi e per chi verrà....
In questo modo si potrà porre fine alla fame, allo sfruttamento minorile e alle atroci mutilazioni genitali...

Ed è di questo che parlano in modo prevalente Giuseppina Tripodi, consigliere delegato della fondazione e la dottoressa Luisa Monini.
Ben 12.000 sostegni individuali per 140 diversi tipi di progetto, forniti alle femmine, ma anche agli ex bambini soldato, per offrire la possibilità di realizzare uno sviluppo di tipo rurale fino a corsi post universitari per chi desidera una formazione ai massimi livelli: unico vincolo, applicare le conoscenze acquisite nel proprio Paese, o comunque in Africa. 

E’ Luisa Monini a portarci idealmente presso le Nazioni Unite, alla dichiarazione del decennio delle donne africane, e a sentire l’elenco degli obiettivi del Millennio da vedersi entro il 2015 tra i quali, in testa, la necessità di sradicare la povertà estrema e la fame, e di rendere universale l’educazione primaria. Si aggiunga quello di promuovere l’eguaglianza di genere e l’empowerment delle donne, ossia lo sviluppo delle loro potenzialità.

Non mancano la decisione di ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l'AIDS, la malaria e le altre malattie, assicurare la sostenibilità ambientale e sviluppare una partnership globale per lo sviluppo, dall’apertura a stati senza sbocchi sul mare, a collaborazioni con le aziende farmaceutiche e col settore privato: tutti obbiettivi evidentemente realizzabili solo su una base gia' scolarizzata

Mi piace che personalità di questo spessore, così come Rita Levi-Montalcini, affermino con forza che, oltre alla necessità dell’emancipazione femminile, sia necessaria un’interazione paritaria tra i due sessi al fine di ottenere un reale sviluppo Umano!

Certo che potrà raccontarsi su radio RCS in un altro contesto, del progetto Paflasmos riporto invece solo una massima: “bisogna essere rivoluzionari nella mente, perchè ciò che si reputa normale, non è necessariamente giusto!”. 
A voi la riflessione. 

Un’altra cosa che ho ritenuto interessante e apprezzabile è stata la proposta di Fidapa di lasciare presso la loro associazione curricula eccellenti di donne, pronti per essere presentati alle amministrazioni, qualora non scegliessero di inserire presenze femminili nel loro organico, nascondendosi dietro al pretesto di non aver candidate...

Le donne hanno un grande difetto , per fortuna in via di soluzione: fanno, e spesso non sanno "quanto", perchè non riconoscono pienamente il loro potenziale soffocato. 


Ma è solo questione di tempo....


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